Fusione Italgas – F2i? Perché si, perché no

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Non è ovviamente intenzione dell’autore dare giudizi di merito sull’operazione di cui al titolo, peraltro insistentemente prospettata sulla stampa di settore e non nell’ultimo periodo. Ci si limita, al contrario, a indicare – il più oggettivamente possibile e ci si scusa sin da ora per eventuali mancanze – quali potrebbero essere i vantaggi e gli svantaggi per i vari stakeholder interessati.

Le forze in gioco
Gli attori protagonisti sono di quelli che la notte degli Oscar si contendono il premio per miglior attore protagonista. Parliamo infatti di Italgas e 2i Reti Gas, primo e secondo operatore della distribuzione gas del bel paese.

Vediamo un po’ di numeri….

Italgas (Fonte: Sito societario e dati AEEGSI)

  • Azionisti: 100% Snam
  • Contatori Attivi: 6,4 mln (dato 2014)
  • Estensione reti: 55.278 Km (dato 2014)
  • Località Tariffarie AEEGSI: 1.292 (dato AEEGSI tariffe provvisorie 2015)
  • Capitale Investito: € 3,9 mld (dato 2014)
  • Utile operativo: € 413 mln (dato 2014)

2i Reti Gas (Fonte: Sito societario e dati AEEGSI)

  • Azionisti: 71,97% F2i (63,83% Primo Fondo F2i e 8,14% Secondo Fondo F2i); 28,03% Ardian.
  • Contatori Attivi: 3,8 mln (dato 06.2015)
  • Estensione reti: 57.496 Km (dato 06.2015)
  • Località Tariffarie AEEGSI: 2.211 (dato AEEGSI tariffe provvisorie 2015)
  • Capitale Investito: € 2,6 mld (dato 31.12.2014)
  • Utile operativo: € 362 mln (dato 31.12.2014)

Dato che, in definitiva, Snam è controllata da Cassa Depositi e Prestiti (30,10% in totale) che è anche un azionista di peso in F2i (14,01% della sgr e un investi rilevante nei 2 fondi gestiti), l’operazione ipotizzata ha una grande valenza politica oltre che industriale. Bisogna ricordare, però, che per evitare problemi di concorrenza/unbundling ecc al momento del passaggio di proprietà del pacchetto azionario di Snam alla CDP l’AGCM  ha preteso e ottenuto la costruzione di muraglie cinesi tra le società on modo che la CPD stessa non potesse influenzare le scelte delle 2 società, specie in materia di partecipazione alle gare gas.

Nel caso di una fusione, infatti, nascerebbe uno dei famosi “campioni nazionali” di cui si sente spesso parlare e che, a ben vedere, in questo caso sarebbe anche un “campione europeo“. Con quasi 113.000 km di reti e oltre 10 mln di utenti sarebbe sì superato da GRDFP (francia) (197.000 km, ma circa 11 mln di utenti), ma a sua volta se la batterebbe sul filo di lana con National Grid (130.000 km e 10,9 mln di utenti) e supererebbe agevolmente altri grossi nomi come E.On (Germania) (57.000 km e poco più di 1 mln di utenti in Germania) e Gas Natural Fenosa (Spagna) (49.000 km e 5.2 mln di utenti in Spagna).

Soprattutto, si raggiungerebbero degli obiettivi, appunto, “politici” di non poco conto: (i) un (grande) passo verso il polo nazionale delle reti (mancherebbe solo Enel distribuzione…Ma è quasi impossibile che Enel se ne privi) e (ii) una decisa spinta al consolidamento del settore della distribuzione gas. Quest’ultimo punto, poi, consentirebbe di realizzare, seppur indirettamente e tramite una operazione straordinaria, un sogno che ministeri e governo (oramai) quasi 10 anni fa hanno solo accarezzato: un numero di ambiti territoriali molto minore rispetto agli attuali 177 (l’Autorità, in un proprio studio del 2009 ne aveva individuati 59).

Oltre che sul piano politico, però, ci sarebbero degli interessanti vantaggi industriali, nonché alcune esternalità positive. Vediamoli sinteticamente:

  • Grazie alla regolazione tariffaria asimmetrica prevista dall’Autorità, in esito alle gare gas le tariffe di distribuzione del gas aumenterebbero meno qualora l’operazione ci concretizzasse rispetto all’ipotesi alternativa. Facciamo un esempio pratico: nell’ambito X uno dei 2 operatori ha una quota del 70% e l’altro del restante 30%; ad oggi se il primo dovesse aggiudicarsi la gara, dovrebbe pagare al secondo il valore di rimborso stabilito per il 30% non ancora di sua proprietà. che, solitamente, è maggiore del valore tariffario. Il valore di rimborso pagato dal vincitore della gara diventerebbe il nuovo valore tariffario di quegli asset (dato che c’è stato un effettivo esborso di denaro) e ciò, a parità di condizioni, genererebbe un aumento della tariffa. Nel caso i due operatori fossero una unica entità, tutto ciò non avverrebbe dato che questa entità risulterebbe essere il gestore uscente di tutto l’ambito X e, se si dovesse riconfermare, il valore tariffario degli asset non subirebbe modifiche dato che non ci sarebbe da pagare alcun rimborso al gestore uscente.
  • La maggiore dimensione permetterebbe ulteriori economie di scala, nonché un maggior potere contrattuale. Ciò sarebbe utile in vista di un passaggio ad una regolazione basata, oltre che sul price cap sull’ammontare dei costi operativi riconosciuti in tariffa, sempre più su costi standard per la valorizzazione degli investimenti, come peraltro previsto dalla delibera 573/2013/R/gas. D’altra parte, scelte regolatorie di questo genere mirano proprio a stimolare l’aggregazione di operatori che, da soli, non riuscirebbero a “stare sul mercato” perché non più in grado di “battere” il regolatore (e di conseguenza non più in grado di realizzare utili soddisfacenti). Infine, un soggetto completamente regolato delle dimensioni di quello derivante dalla fusione in analisi avrebbe una grande capacità di attrazione di investitori, nonché di accesso al mercato del debito a costi contenuti.
  • Sarebbe una cosa positiva anche per la fase del settore gas immediatamente a valle della distribuzione, ovvero il mercato retail dato che i venditori dovrebbero interfacciarsi con (ancora) meno distributori e ciò non può che migliorare la fluidità di processi cruciali per i clienti, come switching, richieste di prestazioni e loro esecuzione, raccolta misure ecc. (nota: ciò vale anche in caso di completa implementazione del SII anche per il settore gas)
  • Last but not least, un campione europeo della distribuzione che è capace di “battere” il Regolatore grazie alle efficienze operative e di costo che riesce ad ottenere garantirebbe ai propri azionisti (in definitiva lo stato) dei buoni dividendi e, quel che più conta, (relativamente) sicuri. Il che, visti i tempi, non è certamente disprezzabile.

Tutto bene, dunque? Non proprio.

Non essendo in un regime totalitario dove un comitato centrale fa e disfà a piacimento, si deve tener conto di una serie di regole.

Nel caso specifico, in particolare, assumono particolare rilevanza quelle Antitrust in materia di concentrazioni capaci di “ridurre in modo sostanziale e durevole la concorrenza”.

A tutti gli addetti ai lavori è nota la posizione intransigente sinora adottata dalla AGCM quando si è trovata a valutare concentrazioni nel settore della distribuzione del gas naturale. Oramai celebre, a questo proposito, è il caso di Isontina Rete Gas, in cui l’Autorità ha impedito l’operazione Italgas/Eni/Acegas in quanto questa avrebbero causato, a suo giudizio, una riduzione della concorrenza per il mercato.

Nel caso appena ricordato, in particolare, l’Autorità ha individuato il mercato rilevante (per il quale valutare l’eventuale restrizione della concorrenza) nei soli Atem interessati dall’operazione e, ai fini della propria decisione, ha dato particolare importanza alla presenza in Atem limitrofi a quello esaminato dato che tale circostanza, secondo l’autorità, avrebbe una forte influenza sulla decisione finale sulla partecipazione alla gara per l’Atem in analisi, anche in mancanza di una importante presenza pregressa e/o in presenza di forte incumbent. Infine, l’Autorità ha rigettato anche la tesi relativa all’eccessivo impegno finanziario che comporterebbe la partecipazione a molte gare in cui, tra l’altro potrebbe essere  presente un forte incumbent sulla base, tra l’altro, della solidità finanziaria delle società coinvolte dall’operazione e della loro capacità di far ricorso al mercato del debito.

I ragionamenti svolti oramai nel 2013 sono certamente un importante punto di partenza anche per l’operazione di cui stiamo parlando.

Innanzitutto, è assai probabile che anche nel caso in analisi eventuali accenni all’eccessivo impegno finanziario necessario per sostenere le gare in solitaria verrebbero immediatamente respinti dalla AGCM.

Al contrario del caso precedentemente citato, invece, sarebbe piuttosto illogico considerare come mercato rilevante solo qualche ambito, anche qualora fossero quelli dove oggi i 2 operatori hanno un certo radicamento. Al contrario, nel caso in analisi sarebbe pacifico considerare come mercato rilevante tutte le gare per l’affidamento del servizio di distribuzione del gas naturale nei 177 Atem. Da questa angolazione, in base ai dati disponibili, l’operatore derivante dall’aggregazione ipotizzata avrebbe una elevata presenza pregressa (>50% pdr) in meno del 50% degli Atem (più o meno 85 su 177, ovvero circa 48%), mentre in circa il 16% avrà una quota compresa tra il 50% ed il 30% di pdr. Se invece dei pdr si considera la (stima) della quota di RAB posseduta nel singolo Atem, indicatore sicuramente più affidabile per inferire il possibile comportamento di un operatore razionale (più RAB ho, meno devo comprare a VIR utilizzando risorse proprie e/o a debito), gli Atem dove il nuovo operatore risulterebbe preponderante (>50% RAB) scenderebbero a 65, ovvero il 37% del totale.

Ad una prima occhiata, non sembrerebbe uno scenario drammatico: resterebbero ben 112 Atem (63% del totale) dove gli operatori potranno “scannarsi” come più gli aggraderà e dove la concorrenza regnerà suprema.

Bisogna però considerare alcuni elementi. Alcuni positivi, altri meno.

  • In alcuni Atem dei 65 prima ricordati (ad esempio Novara 2, Massa Carrara, Bari 2) sono presenti sia Italgas che 2i Reti Gas, ognuno con una quota rilevante. In questo caso, la loro fusione eliminerebbe un potenziale concorrente.
  • Ci sono casi in cui il nuovo operatore avrebbe una quota rilevante in alcuni Atem ed una presenza piuttosto scarsa in altri limitrofi. Ciò costituirebbe un Incentivo a partecipare a queste gare in cui, forse, i 2 operatori presi individualmente non avrebbero partecipato (ad esempio, Foggia 2 o in molti Atem siciliani). In questi casi, quindi, potenzialmente ci sarebbe un ulteriore concorrente.
  • Ci sono casi in cui i 2 operatori “stand alone” avrebbero ognuno una buona quota in alcuni Atem tra loro limitrofi (es. Mantova – Brescia) e, quindi, ciascuno sarebbe interessato a partecipare alle relative gare. La loro fusione, di conseguenza, eliminerebbe un potenziale concorrente.
  • Ci sono casi in cui i 2 operatori “stand alone” avrebbero buone quote “incrociate” in Atem limitrofi. Anche in questo caso, la loro fusione eliminerebbe un potenziale concorrente.

C’è poi da valutare che, in caso di fusione, il nuovo operatore dovrebbe sborsare molto meno grano rispetto ai 2 operatori presi singolarmente per acquistare il VIR mancante negli Atem dove sono entrambi presenti. Ciò farebbe bene alle esauste tasche del cliente finale, certo, ma forse un po’ meno bene alla concorrenza in quanto libererebbe una considerevolissima quantità di risorse finanziarie che dovranno essere impiegate in qualche modo. Considerando che in molti Atem la presenza del nuovo operatore sarebbe molto forte e dato che, come emerge dal caso Isontina, ciò frenerebbe la partecipazione alla gara di altri competitor, sembrerebbe improbabile che la stragrande maggioranza di queste risorse siano destinate a finanziare piani di sviluppo eccezionali e/o mirabolandi per mettere al sicuro, grazie ai 45 punti “tecnici” a ciò collegati, la vittoria. Specie negli Atem  dove lavori presenta della nuovo operatore è forte. Si può pensare, più prosaicamente, che tali risorse sarebbero utilizzate per “conquistare” ulteriori Atem ritenuti strategici oltre quelli dove si ha già una forte presenza pregressa. Tale situazione sarebbe ambivalente: da una parte ci sarebbe più concorrenza per il mercato, ma dall’altra avremmo un grosso operatore dotato di una montagna di liquidità e pronto a conquistare il maggior numero possibile di Atem, a discapito anche di molti operatori di medie (ma anche medio-grandi) dimensioni.

Non resta che aspettare e vedere quello che succede!

Gare Gas, ovvero l’applicazione specifica di difetti generali

Le cosiddette gare gas sono oramai diventate croce e delizia di chiunque lavori nel settore della regolazione o in quello legale.

Non solo: sono lo specchio della cultura italiana, di quella definibile “cerchiobottista” (o, se volete, democristiana…ma evidentemente non sono definizioni alternative) che ad ogni costo cerca di garantire a ciascuno il suo, ovviamente in base al relativo peso specifico.

Tale cultura, applicata al caso particolare in esame, ha generato azioni (coscienti e non) che hanno portato alla sistematica demolizione di quanto c’era di buono nelle intenzioni originarie. Azioni che, in tipico stile italico, sono state per lo più di tipo “additivo”, senza un qualsivoglia coordinamento con il preesistente e poste in essere senza alcun – seppur minimo – tentativo di renderle coerenti con lo spirito e le finalità originarie.

Eviterò, per amor di sintesi, la cronistoria di tutto quello che è successo finora, dalla lunghissima gestazione nel caldo utero ministeriale, passando ai primi traballanti passi per arrivare alle arditissime acrobazie degli ultimi tempi,e mi concentrerò unicamente su 2-3 temi esemplificativi del concetto espresso in premessa e nel titolo.

E quali temi migliori degli stra-abusati e pluri-commentanti grandi classici Delta VIR-RAB, valore di rimborso e canoni? Nessuno!

Orsù, quindi….andiamo a cominciare e cerchiamo di trovare qualche argomento che non odori eccessivamente di muffa!

Sul tema Delta VIR-RAB (e della ormai celeberrima regolazione tariffaria asimmetrica) si è detto di tutto e di più. Tuttavia, non mi sembra di aver letto qualcosa in merito alla sua ratio originaria, che era decisamente condivisibile, e su come questa sia stata stravolta in seguito.

Il concetto alla base della normativa era, sostanzialmente, chiudere i conti con il passato e far iniziare una “nuova era” su basi “pulite” e condivise. Realizzare, finalmente, un opera di “riconciliazione nazionale”. Per far ciò, per garantire la tenuta della futura “pax gas”, nella prima tornata di gare si doveva necessariamente affrontare di petto il passato ed eliminare tutti i dissapori, le recriminazioni e le doglianze esistenti tra i vari attori coinvolti.

Il metodo individuato era dei migliori: riconoscere all’operatore (chiunque esso sia) la differenza tra il vero valore della rete (sorvoliamo il tema-mammut delle linee guida) e quanto riconosciuto nelle tariffe, che a causa delle metodologie utilizzate molto spesso non consideravano tutta la rete (esempio classico: il comune si è perso tutta la documentazione contabile e quindi….poff….quella rete non esiste e non viene considerata in tariffa….però stranamente in gas in quei tubi fantasma fluisce lo stesso!)? Se poi a questo si aggiunge la bella idea di permettere di offrire tale differenza come sconto sulle tariffe (e quindi a favore degli utenti), il sistema è completo, coerente e robusto:

1) Il gestore si vede in ogni caso riconosciuto il valore dei propri beni. Ha ottenuto quello che gli spetta, è felice e, quindi, in futuro non recriminerà più su tariffe troppo basse, mancata considerazione di tratti di rete ecc.

2) I gestori in lizza per conquistare un Atem di interesse possono decidere liberamente di rinunciare a quella differenza pur di vincere la gara per l’ambito tanto ambìto.

Troppo facile, troppo logico per la mente italica. Ecco che quindi entra in gioco la regolazione asimmetrica: se tu sei il gestore uscente e ti riconfermi, ti becchi la vecchia RAB a prescindere dal vero valore della rete e, per giunta, puoi fare delle offerte che vanno ad erodere tale valore per poter competere alla pari con gli altri concorrenti. Se sei un nuovo entrante, ti becchi il VIR.

Ma il dettaglio diabolico sta nello spostamento del riconoscimento del VIR alla conclusione delle prime gestioni d’ambito, ovvero dopo ben 12 anni! Così non si può dire che il regolamento sia stato formalmente violato, ma allo stesso tempo si evitano indesiderati aumenti delle tariffe.

E la famosa “pax gas”? Il voler chiudere definitivamente un capitolo per aprirne uno nuovo e del tutto condiviso? Boh…..si vedrà tra 12 anni…..per il momento non fa niente…..meglio pensare ad interessi più immediati….12 anni sono lunghi, si troverà un modo!

Il calcolo del valore di rimborso, poi, è un altro piccolo, grande capolavoro. Il tema è noto e riguarda la sottrazione dei contributi privati dal valore di rimborso.

Ciò è esattamente quello che si intende per azione “additiva”: la norma era consolidata, aveva una ratio ben precisa, era coerente. Poi passa il tempo, e ad un certo punto, sotto il periodo di natale 2013, ecco che una sagace manina inserisce di soppiatto 2/3 righe al D.lgs 164/00 et voilà, i contributi privati ora devono essere tolti. Motivo confessabile? Bravo chi lo sa! Motivo inconfessabile? Inutile dirlo! Coerenza con tutta la normativa precedente, nonché con la “storia” del settore? Non pervenuta!

L’unica cosa certa è che i gestori, che nei tempi remoti avevano concluso accordi con gli enti concedenti considerando nelle proprie valutazioni economiche anche i ricavi derivanti da questi contributi (esempio: contributi “pieni” e lasciati al gestore a fronte di tariffe (anche per per servizi) più basse), si trovano con un pugno di mosche: tutte le valutazioni economico/finanziarie effettuate, i calcoli sul terminal value, le valutazioni dei flussi di cassa fatte ai tempi per decidere che offerta fare sono da buttare: i contributi sono da togliere e pace se i gestori ci perderanno 2 volte.

L’ultima riflessione è sul “canone” da riconoscere agli enti concedenti. In questo caso, si sta provando a mettere una pezza sul caos generato dagli interventi sul valore di rimborso (contributi+linee guida): dato che evidentemente il valore delle reti su cui calcolare il canone potrebbe in molti casi scendere di molto (nei casi di gestore entrante diverso dall’uscente, quando in tariffa sarà riconosciuto il VIR al netto dei contributi), gli enti concedenti dovevano essere adeguatamente indennizzati. Di conseguenza, il vecchio tetto del 5% (della remunerazione + quota ammortamento del capitale riconosciuto dall’Autorità in tariffa) raddoppia e diventa il 10%!

Ma non si era detto che la gara doveva essere giocata sul piano dello sviluppo tecnico, del rispetto ambientala, della fratellanza tra i popoli e l’amore universale e non sul vile denaro, sullo sterco del demonio? No, niente…..avevamo scherzato! Ci servono i soldi e quindi li prendiamo dove li troviamo, con buona pace dei bei concetti espressi nei considerata del regolamento.

Qualcuno potrebbe controbattere che l’incremento porta a risultati, in valore assoluto, più bassi che in precedenza…..il che può anche essere. Ma solo nei casi in cui non si riconferma l’incumbent! In questo caso, il valore del capitale investito riconosciuto dall’Autorità non è il VIR, ma la solita RAB già riconosciuta e quindi la “compensazione” precedentemente ricordata (aumento la % perché è sceso il valore a cui applicarla) non vale.

Bene, ora non ci resta che vedere fino a quanto tutti questi granelli di sabbia inseriti più o meno deliberatamente in un meccanismo che – bene o male – aveva una sua organicità bloccheranno il meccanismo stesso e che cosa ne sarà della famosa “pax gas” quando questo, tra sinistri cigolii e sibili asmatici, partirà.